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Nelle lunghe serate invernali di guardia in operativa, osservando le montagne a sud il pensiero andava alla vita civile, per i più fortunati distante in quella direzione un paio di centinaia di chilometri mentre per i più lontani i chilometri erano ben oltre i mille.
Circa una volta al mese avevamo un permesso alternato ad una licenza di 5 giorni ai quali, per chi abitava molto distante, si aggiungevano fino a quattro giorni per il viaggio. Unico collegamento diretto con i propri cari era il telefono. Nel 1976-77 in base logistica era disponibile un telefono a gettoni. Il alternativa si poteva chiedere la linea esterna al centralino da un telefono "di servizio" e successivamente pagare gli scatti. Maggiore era la distanza più veloce era il flusso dei gettoni o la velocità con cui salivano gli scatti. Era molto positivo mantenere buoni rapporti con i “commilitoni”. Non ricordo chi mi insegnò un semplice trucco per scroccare le telefonate interurbane alla SIP, ma ebbi l’occasione di usarlo qualche volta anche dopo il congedo. Non credo che il “trucchetto” fosse molto conosciuto tra gli avieri. Il numero veniva composto ruotando il disco di selezione iniziando con il prefisso. Molto semplicemente bastava aggiungere uno zero alla fine del numero da comporre, trattenendo per un po’ il disco. Il sistema andava “leggermente in tilt” e dopo alcuni tentativi ti connetteva al numero senza attivare la sequenza degli scatti (se il numero da comporre terminava con zero bisognava aggiungere tre volte nove). Con questo sistema, facendomi passare la linea dal centralino, sono riuscito a “contattare casa” più di una volta, anche dal corpo di guardia dell’operativa. Alla fine bastava comunicare al centralinista che non eri riuscito a “prendere la linea” o che “all’altro capo” non rispondeva nessuno. Cordialmente lone wolf ‘56 |